lunedì 17 gennaio 2011

Elogio di un campione che non finisce mai: Alessandro Del Piero


E’ con questo sono 181!!!
Ha giocato bene, e sorpreso tutti, ancora una volta Alessandro Del Piero lasciando le chiacchiere agli altri. A chi voleva pensionarlo prima del tempo, a chi voleva speculare sul suo sipario.
Così tra prestazioni da urlo e sottili polemiche mutate in una linguaccia capace di far male, si sta consumando lo splendido finale di carriera di Del Piero.
Poche ombre nella sua ormai ventennale carriera cominciata a pochi chilometri da casa sua a Padova, ma tali da sbatacchiarlo a terra come un ronzino a fine corsa. Battuto, deriso, a volte sbeffeggiato da critiche abnormi lui è sempre riuscito a riprendersi fisicamente e moralmente come un novello Lazzaro tanto da riuscire a considerare quei dardi velenosi per quelli che erano: chiacchiere da bar. Robaccia minimale ed ininfluente. Buchi neri miseri ed infinitesimali in mezzo a galassie costellate da lampi luminosi che gli hanno regalato matematiche certezze e primati clamorosi. Nella storia del calcio italiano ed europeo. Prima di tutti. Sopra tutti.
Gli altri s’infortunano, si fermano, si ritirano. Altri ancora invece, si nascondono, in silenzio e lo aspettano al varco concedendosi il tempo e il lusso di covare una rivincita, il sogno di smontare quel mito bianconero lì. Lui che ha sempre odiato star defilato sulla fascia, sta lì avanti, a far da balia anche a chi (Giannetti), con un po’ di fantasia potrebbe esser suo figlio a prender le botte come fosse uno zimbello qualunque.
Poi compri per il ventesimo anno consecutivo l’album Calciatori Panini e ti accorgi che quel giovane, è vecchio pure lui. Ha trentasei anni suonati. Accendi il televisore e lo vedi che vola anche lì, infilato tra serate pubbliche, premi da prendere, da dare. E’ stanco, martellato da impegni che chi lo sa, forse odia, infilato dentro un sogno dichiarato: fare meglio, altro, di più. Lasciare un segno dove gli altri forse, non arriveranno mai.
Questione di motivazioni. Questione di ambizioni.
L’ambizione è il motore trainante dell’ultima parte della carriera di Alessandro Del Piero. Una fase quella della pensione, che Del Piero non sopporta e che allontana ad ogni gol, spaventa ad ogni esultanza, intimidisce ad ogni linguaccia.
Del Piero non molla, non vuol perdere una partita a costo di litigare con la sua Juve, di mettere in crisi una società che stenta a rinnovargli il contratto e che a differenza sua, qualche nervo scoperto l’ha, lo copre a fatica, lasciandolo a volte, intravedere.
Orgoglio, sopra il talento. Rabbia sopra ogni traguardo raggiunto. E’ la sua forza, che lo trascina, lo trasporta, anche quando potrebbe soprassedere, trascurare, ignorare, i confronti da quarto stato. In campo, in lotta sempre, come se la sua fame di vittorie fosse insaziabile, come se la sua fame di gol non finisse mai, come se la memoria sua e di chi lo guarda, fosse debole, inconsistente, da rinfrescare, ridipingere di bianconero, con una pennellata domenicale indimenticabile. Come ha fatto ieri. Come fa sempre. Da sempre.

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