lunedì 25 febbraio 2013

Sebastian Giovinco: una fondamentale dissonanza



Ci vorrebbero anime forti, pietre che neppure il diamante sa scalfire , per vivere, e  non trascorrere i giorni.
E invece eccoci  con il nostro gesso, con il cuore di talco ad imparare a crescere, a diventare di quarzo.
Imbottire di marmo il nostro derelitto esofago dilaniato da troppe differenze mai appagate del tutto da una fondamentale dissonanza.
Incompresa, contestata, trascurata.  Tante, troppe volte.
Succede dicono. Ma è uno sguardo che non inquadra il problema. Lo sfugge tuttavia con colpevole noncuranza.
Accade quindi. Comunque.
Ci confrontiamo  ogni domenica con simili vite  e sballottati feriamo, feriti,  feriscono.
Con le parole e le vigliaccherie , i fischi. Presunti tifosi. Muniti di schizofrenici altoparlanti vocali .

Sibili che raggirano l’esattezza delle distanze. Quelle, vedono la Juventus prima in classifica. Pur senza corazzieri né centravanti.
E’ piccolo Sebastian Giovinco. Con quella vocale mancante a conferirgli una straordinaria estraneità al tutto foriera di meravigliose sorprese. Ben sette quelle che permettono alla Juventus d’essere in prima linea per lo scudetto nonostante uno spossante spezzatino. Eppure fischiano. Uno differente. Solo quello e basta. Eppure Messi non è certo Gulliver. Eppure è lì venerato come un dio.
In queste ore poi, molti di voi smaniano per accordare la loro preferenza a gente come Berlusconi, Bersani, Grillo, Ingroia. Non certo dei baobab. Piuttosto delle normali piante grasse in attesa d’essere innaffiate dalla loro stagionale razione di sibillina accondiscendenza elettorale.
Eppure fischiano quelli. Adombrando un’ apatia macchiata di viltà.
Dimentica della storia perfino.
L’Italia è cresciuta a pane e latte. A volte, nemmeno quello.
Gli additivi, comunque, son venuti dopo. I lungagnoni pure.
Non riconoscerlo è gravissimo. Blocca la crescita. Impedisce lo sviluppo. Arresta il sistema.
Relegandoci in una condizione di snervante attesa. Come quella di oggi appunto. Come quella di ieri.
In fondo, si vive solo in attesa di raggi di sole. Nella quotidiana speranza almeno uno illumini la nostra giornata.
Seppellirlo in una salva di fischi è immorale. San Pietro s’arrabbia e serra le porte del Paradiso e non basta una tazza di caffé a rabbonirlo e a convincerlo del fatto che  forse, oltre un anonimo Purgatorio in fondo, non meritiamo.

Un gradino più su un gradino giù lungo la scala di Mohs della vita.
Bassa anche quella.  E non per danni all’ipofisi.
Purtroppo.


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