Popcorn,
patatine, muffin, pizzette, crocchette, bibite, gommose alla frutta. Nino era davvero un fenomeno di resilienza contemporanea
ma Antonio ogni volta che lo vedeva passare con il suo baracchino unto e
bisunto, non riusciva lo stesso a capacitarsene.
Era questo
che sognava, quando lasciò la casa di famiglia portando in valigia il sogno di
diventare calciatore?Adesso stava lì intirizzito, fuori da quello stadio che
con un po’ di fortuna avrebbe potuto esser suo a ripetere all’infinito la
stessa frase. “Ciao, lo vuoi un buono sconto per un panino porchetta con
cipolle, crauti e peperoni". ?" "Ne ho uno anche
per la tua ragazza se ti va, sentirete che buono!”.
Era questo
che sognava quando iniziò a lavorare presto, smettendo di studiare appena
potuto? Voleva avere soldi tra le mani prima di tutti i suoi amici. Così, pensava
quando preso a rate il primo motorino, portò Cinzia a vedere Titanic. Motorino
nuovo e Titanic. Miscela irresistibile per un primo appuntamento. Adesso da
quanti anni faceva il cartesiano dispensatore d’acidi grassi?Cinque, dieci, quindici
forse? Ora Nino di Cinzia non sapeva nulla. Dai soliti amici che non vedono l’ora di
spiattellare ai quattro venti le rogne altrui, sapeva si fosse sposata con uno
che lavorava in una pasticceria con lei. Aveva cinque bambini e quando la incontrò
per caso al supermercato dopo il ciao come stai d’avvio e circostanza, non ebbero
più niente da dirsi.
Era questo
che sognava quando le promise amore eterno? Allora avevano davanti una strada limpida
di esperienze da fare insieme. Poi la
vita, a non saperla domare, aveva preso scorciatoie più comode, meno impegnative.
E nei loro sogni l’altro sparì.
Era questo
che sognava quando molti anni dopo, Nino discusse la sua tesi? Un’ascesa silente
e luminosa la sua, come un’implacabile vendetta. Una cometa nel buio di quella vita. Mettendoci
tutta la determinazione e la dedizione possibile. E adesso che possedeva la
macchina e il motore era a secco non vedeva l’ora di tuffarsi nella prossima
settimana di lavoro e non avvertire quel disagio.
Era questo
che sognava?Antonio si ripeteva quella frase nella testa, quella frase che sapeva
di sentenza già emessa. Era questo che sognava? Mentre si ripeteva quella domanda,
gli passava davanti, come in un film accelerato all’ennesima potenza, tutta la
sua vita. Passò davanti a una vetrina e ci si specchiò. Proprio mentre la sua mente
mandava all’infinito quella frase. All’improvviso una decisione: era ora di
smetterla con il cibo in scatola. Appiattiva ogni pensiero e tutto quel
mercurio, aveva compresso anch’egli. Riflettendoci con attenzione, si rese
conto che quella frase valeva anche per lui. Lui. Era quello che sognava? Era
quello che sognava?
Non lo sapeva, forse no. Appaltare muliebri epidermidi tributandogli intermittente tenerezza non era amorevole. Solo solitudine subaffittata. Qualcosa aveva combinato: bene o male aveva fatto delle scelte, scritto molto, imparato tanto. In qualche modo si era salvato. Da solo. Sorrise.
Non lo sapeva, forse no. Appaltare muliebri epidermidi tributandogli intermittente tenerezza non era amorevole. Solo solitudine subaffittata. Qualcosa aveva combinato: bene o male aveva fatto delle scelte, scritto molto, imparato tanto. In qualche modo si era salvato. Da solo. Sorrise.
Nino
all’angolo della strada intanto aveva appena venduto l’ennesima pizzetta della
sua vita. Il portafogli quella sera, lo
avrebbe adulato gentile.
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