mercoledì 1 aprile 2015

Se Karaoke fa rima con harakiri



La fame produce harakiri. La nostalgia canaglia. Il risultato è un ovattato panino che scenari antichi, e note complici, non rendono più ilare.

Rugano il tempo invece, marcando un terreno arido, disseminato di spugne gettate prima del limite.

Ferme alla cancrena di un miraggio dove tutti si sentono lesi dalla maestà assassina del tritacarne antropico.

Fermi, statici, succubi di una società che ha rinunciato alla creatività e rincorre arcaiche lusinghe.

Era il settembre del 1992, quando  la chioma liberale del giovane Fiorello iniziò a girare per le piazze d'Italia.

Era qualcosa d’inedito, in quei giorni lontani.

A Palazzo di giustizia tuonava Tangentopoli,  Paolo Brosio credeva ancora nella fregna  e intanto la tv raccomandava di svagarsi seguendo una canterina biscia tinta d'azzurro. Tonalità serena per eccellenza, quel colore acquistò presto una funzione importantissima.

Ricordava agli italiani, terremotati dal crollo della politica e dell'economia, quanto fosse affascinante e catartico ritrovare se stessi attraverso un pentagramma di memorie condivise che le bombe mafiose non avevano incenerito, e una sera davanti a un microfono, poteva restituire in un momento di fuggevole gloria da raccontare ai nipotini.

La stessa scena è stata proposta lunedì con una differenza però enorme: quella gente in piazza accanto ad Angelo Pintus - che con mestiere  staziona dietro le punte imboccando uvole e sovrapposizioni,   non ha vigore e  mordente per distrarsi dallo sfacelo del presente.

Partecipa sì, al rito canoro di un Ferro ripassato in amplificatore, ma ammorba tenace, di tristezza, di rinuncia, di piaghe radicate dopo lustri di frodi e disfatte.

Per questo il "Karaoke" non è più quello degli anni Novanta:

Ineccepibile nella confezione e anche quasi nella conduzione, paga l’ affanno della coscienza.

Tutto insomma è eminente a tutti.

Si è capito molto bene che Berlusconi ha finito la benzina, e che in parallelo la politica ha umiliato la sua ragion d'essere.

Non restano quindi che scorie da piluccare in giro per l'Italia con Pintus:il quale  non spande per l'aere  la  canuta sicumera di Capitan Findus ma l'aria astuta di chi sa che non sarà un successo, lo show intiepidito che sta cuocendo, ma un semplice fuoco di fama.

Quella che tutti inseguono, senza dover cucinare bastoncini di pesce per una pletora di generazioni ingrate.  

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