Dopo
cinque giorni modesti e ligi, il Festival di Sanremo è finito. Terminato con il
miglior vincitore possibile però : gli Stadio immagine afflitta di un Paese nudo al confronto con le proprie schiatte.
Sgominando
tendenze arcobaleno, ha commosso il tentativo del gruppo bolognese di stabilire
un contatto con il cardine tradizionale dello Stato italiano: la famiglia.
Ha
vinto lei, infatti, e con essa la verità di una sofferta Costituzione che su di
essa si basa, ha sconfitto l’artificialità di prodotti plastifi
cati ed effimeri
(Francesca Michielin e il duo Iurato – Caccamo).
Fugace
e sintetico quanto il Festival tutto anestetizzato e imbalsamato da una competizione
piatta nulla resterà davvero di queste serate anonime.
Non
il punk furbetto di Enrico Ruggeri, nemmeno il rap paisà firmato Clementino – Hunt .
Semmai
caroselli di parole buone per gli ultimi e una nenia rassicurante per tutti gli
altri cui non è rimasto che aggrapparsi alle incertezze oculistiche di Garko e
alle incarnazioni stupefacenti di Virginia Raffaele. Maestra sublime, nel far
rivivere miti sclerotizzati da un incerto presente (Sabrina Ferilli, Belen), e
un glorioso passato (Fracci – Versace) ha surclassato la statuaria ma
inconsistente Madalina Ghenea.
Manca
il futuro però.
E’ che Carlo Conti tornerà presto a teatro con gli amici di sempre Pieraccioni e Panariello
non frega niente a nessuno.
Nessun commento:
Posta un commento